Lettera per il tempo di Natale

A pochi passi dal Nuovo Anno, tra bilanci sul trascorso e buoni propositi per il venturo, mi piace condividere una lettera, che possa essere un piccolo spunto di riflessione per questi giorni. Si tratta di un estratto dal libro Le lettere di Berlicche di C. S. Lewis, stesso autore de “Le cronache di Narnia”. Il protagonista è proprio Berlicche, un funzionario di Satana di grande esperienza, il quale si diletta nell’istruzione di un giovane diavolo apprendista, Malacoda, suo nipote, spiegandogli i mezzi e gli espedienti più idonei per conquistare (e per dannare) gli uomini. Libro molto particolare, arguto e impegnativo, offre un punto di vista alternativo su quelle che potrebbero essere le normali dinamiche di vita quotidiana, distorcendole a scopo diabolico. Il ‘paziente’ su cui zio e nipote discutono e si confrontano è, significativamente, un ragazzo qualsiasi, o meglio, potrebbe essere chiunque, tant’è che non se ne fa mai neanche il nome.
Ecco dunque la proposta per una lettura da fare al contrario, immaginando di essere dalla parte del diavolo e di studiare, ad ogni azione o scelta del paziente, la strategia migliore per influenzarla e volgerla a proprio vantaggio. L’obiettivo finale, ovviamente, è riuscire a portare l’anima lontano da Dio.
Mio caro Malacoda,
la vera preoccupazione che dà il gruppo nel quale si trova il tuo paziente è di essere unicamente cristiano. Ciascuno di loro ha interessi individuali, naturalmente, ma il legame rimane il cristianesimo. Ciò che noi desideriamo, se gli uomini diventano in qualche modo cristiani, è di mantenerli in quello stato mentale che io chiamo: «Il cristianesimo e». Sai: il cristianesimo e la crisi, il cristianesimo e la nuova psicologia, il cristianesimo e l’ordine nuovo, il cristianesimo e la ricerca psichica, il cristianesimo e il vegetarianesimo, il cristianesimo e la riforma dell’ortografia. Se devono essere cristiani siano almeno cristiani con una differenza. Sostituisci alla fede stessa qualche moda con una tinta cristiana. Lavora sul loro orrore per la cosa vecchia, sempre quella.
L’orrore per la cosa vecchia, sempre quella, è una delle passioni più importanti che abbiamo prodotto nel cuore umano – una fonte infinita d’eresie in religione, di sciocchezza nel consiglio, d’infedeltà nel matrimonio, e d’incostanza nell’amicizia. Gli esseri umani vivono nel tempo, ed esperimentano la realtà per gradi successivi. Perciò, al fine di farne molta esperienza, devono sperimentare molte cose diverse; in altre parole devono sperimentare il cambiamento. E poiché hanno bisogno di mutamento, il Nemico (essendo in fondo al cuore un edonista) ha reso loro piacevole il cambiamento, precisamente come ha reso piacevole il mangiare. Ma poiché non desidera che essi facciano del mutamento uno scopo fine a sé stesso, non più del mangiare, ha equilibrato in essi l’amore a ciò che muta con l’amore a ciò che permane. È riuscito ad accontentare entrambi i gusti insieme nel mondo stesso che ha fatto, per mezzo di quell’unione di mutazione e di permanenza che noi chiamiamo “ritmo”. Offre loro le stagioni ciascuna diversa, e tuttavia uguale ogni anno, così che la primavera è sempre sentita come una novità e tuttavia sempre come la ricorrenza di un tema immemorabile. Offre loro nella sua chiesa un anno spirituale; si muta dal digiuno alla festa, ma la festa è la stessa di prima.
Orbene, proprio come diamo rilievo e esageriamo il piacere del mangiare per produrre la golosità così diamo rilievo a codesta naturale piacevolezza del mutamento e lo deviamo verso la richiesta di assoluta novità. Tale richiesta è tutto nostro lavoro. Se tralasciamo di fare codesto nostro dovere gli uomini, non solo si accontenteranno, ma saranno entusiasti del miscuglio di novità e di familiarità delle nevicate di questo gennaio, della levata del sole di questa mattina, del budino di questo Natale. I bambini, fino a tanto che non insegneremo loro nulla di meglio, si sentiranno perfettamente felici di un giro di giochi che segna le stagioni nel quale si succedano il gioco delle noci e quello del mondo con la stessa regolarità con la quale l’autunno segue l’estate. Soltanto per mezzo dei nostri sforzi incessanti si manterrà viva la richiesta per un mutamento infinito, o aritmico. […] Infine, il desiderio di novità è indispensabile se vogliamo produrre le mode e le voghe.
L’utilità delle mode nel pensiero consiste nel distrarre l’attenzione degli uomini dai loro veri pericoli. Noi dirigiamo il grido di moda di ogni generazione contro quei vizi dei quali essa corre minor pericolo, e fissiamo la sua approvazione sulla virtù che è maggiormente vicina al vizio che tentiamo di rendere endemico. Il gioco consiste nel farli correre dappertutto con estintori d’incendio ogni volta che c’è un’inondazione, e di affollare quella parte della barca che ha già l’acqua al parapetto. Così facciamo diventare di moda esporre i pericoli dell’entusiasmo proprio nel momento che tutti in realtà diventano mondani e tiepidi; un secolo più tardi, mentre di fatto li stiamo facendo diventare tutti byroniani e ubriachi d’emozione, il grido di moda è diretto contro il puro “comprendonio”. Età crudeli sono poste all’erta contro il sentimentalismo, le spudorate e le oziose contro la rispettabilità, le lussuriose contro il puritanesimo; e ogni qualvolta tutti gli uomini s’affrettano a diventare schiavi o tiranni facciamo del liberalismo lo spettro più temuto.
Ma il trionfo più grande è quello di elevare codesto orrore per la cosa vecchia, sempre quella, a filosofia, di modo che il nonsenso nell’intelletto possa rafforzare la corruzione della volontà. È qui che diventa utile il carattere in generale evoluzionistico o storico del pensiero europeo moderno (in parte opera nostra). II Nemico ama le banalità. Di un modo d’agire che venga proposto Egli desidera che gli uomini, per quanto m’è dato di vedere, si facciano domande semplicissime; è giusto? è prudente? è possibile? Orbene, se riusciamo a mantenere gli uomini in queste altre domande: «Si accorda con la tendenza generale del nostro tempo? È progressista o reazionario? È la strada per la quale è incamminata la Storia?» essi trascureranno i problemi importanti. E le domande che di fatto fanno non sono, naturalmente, suscettibili di risposta; poiché essi non conoscono il futuro, e il futuro dipende in gran parte proprio da quelle scelte che ora essi invocano il futuro di aiutarli a fare. Come risultato, mentre la loro mente ronza nel vuoto, a noi si offrono le migliori occasioni per scivolarvi dentro, e per piegarli a quell’azione che noi abbiamo deciso. Ed è già stato fatto un grande lavoro. Una volta essi sapevano che alcuni mutamenti erano per il meglio, altri per il peggio, altri indifferenti. Noi abbiamo in gran parte rimosso una tale conoscenza. All’aggettivo descrittivo “immutato” abbiamo sostituito l’aggettivo emotivo “stagnante”. Li abbiamo educati a pensare al Futuro come a una terra promessa che eroi favoriti riescono a raggiungere – non come qualcosa che ciascuno raggiunge alla velocità di sessanta minuti all’ora, qualunque cosa faccia, chiunque egli sia.
Tuo affezionatissimo zio
Berlicche [1]

Superato il primo impatto un po’ ostico con lo stile denso e filosofico, si resta colpiti dalla grande sensibilità con cui Lewis inquadra alcuni atteggiamenti umani. Mi colpisce come in questa lettera Berlicche non parli di vizi o di comportamenti negativi del ‘paziente’. Quello che in realtà cerca di trasmettere al nipote mi sembra sia piuttosto l’arte di compromettere quelle che sono naturali tensioni di ogni uomo, come il genuino desiderio di novità, un sano desiderio di porsi delle domande, l’innato sguardo rivolto al futuro. Anche i sentimenti più veri e buoni, se non custoditi, possono diventare una trappola. La novità che sponsorizza Berlicche vuole essere la lotta contro l’immutabilità, cioè una spasmodica ricerca verso qualcosa che non si conosca ancora, che possa dare un’emozione diversa, anche a costo di finire in eccessi stravaganti e mode improbabili. L’orrore per la cosa vecchia, sempre quella, distrae dal senso più profondo che quella cosa aveva. E da qui, il rischio di finire proiettati sempre verso il futuro è dietro l’angolo. L’inganno sta in un futuro che però non si fa mai immanente e resta lontano, nonostante poi il tempo continui a scorrere alla stessa velocità.
Le macchinazioni del diavolo vogliono opporre l’animo umano a un’altra idea di novità, un’altra concezione di tempo, quella di Dio. Si tratta di quel valore che attribuiamo ad ogni ricorrenza, come lo è stato il Natale, come lo sarà il Capodanno, che pur ripetendosi ogni anno, non la percepiamo come uguale a sé stessa, perché è sempre nuova, ritorna ma non è un ripetersi. Certamente nessuno rinuncerebbe al cenone di fine anno perché ha già festeggiato l’anno scorso! Ogni volta è una festa, un’occasione nuova: la familiarità si sposa con la novità perché abbiamo un’altra possibilità di godere, e ancor più appieno, di quell’evento, di quella gioia. Lei la stessa, noi nuovi.
Un anno sta per chiudersi, con le sue stagioni, le sue ‘solite’ ricorrenze e le sue sorprese, i suoi doni. Ci si interroga su come si è trascorso questo tempo e si desidera ripartire con maggiore entusiasmo, continuare qualcosa di bello, oppure voltare pagina, talvolta, ricominciare da capo. Per il 2022 che viene, dopo la lettura di Lewis, vorrei augurare di non essere un cristiano e, ma un cristiano e basta, proteso al futuro con fiducia; vivere i sessanta minuti all’ora che abbiamo al meglio che possiamo; scegliere e non lasciando scegliere; porci domande semplicissime senza che nessuno riesca a distrarci dal pensiero di Dio: auguri, perché quest’anno Berlicche non avrà la meglio su di noi!
[1] C. S. LEWIS, Le lettere di Berlicche, XXV lettera, pp. 101-104, collana Oscar Classici Moderni, Mondadori 1998.