Con occhi nuovi #4 – I Prigioni di Michelangelo: Atlante

di: Michelangelo Buonarroti
Atlante
Galleria dell’Accademia Firenze, non finito, 1525-1530 ca
Lasciamo che…
Atlante. Firenze, Galleria dell’Accademia. Michelangelo aveva ricevuto il prestigioso incarico di realizzare la tomba per papa Giulio II. Sarebbe stata la più grandiosa e ineguagliabile tra tutte le opere mai realizzate da mano d’uomo. Eppure, quella che doveva essere la sua più celebre impresa, finì per diventare la sua condanna, una vera ossessione… il progetto cambiò così tante volte che la vita del grande maestro, pur se molto lunga, si spense prima che potesse portarlo a compimento. Oggi rimangono il bellissimo, ma modesto, monumento funebre nella chiesa di S. Pietro in Vincoli e un gruppo di statue incompiute, conosciute come ‘i Prigioni’.
Michelangelo è senza dubbio un artista che non ha bisogno di presentazione. Fiumi di inchiostro sono stati versati su di lui, sulla sua incredibile maestria, il suo vigoroso stile e l’ineguagliabile tecnica. Egli seppe descrivere con disarmante evidenza il sentimento umano, tanto che, dalle sue figure possenti, muscolose e proporzionate, in perenne combattimento contro la stessa condizione umana, trapela lo slancio verso l’alto, il desiderio di raggiungere un luogo sconosciuto e meraviglioso, che abbia il sapore del divino.

… sia Atlante a…
Il fascino dei Prigioni michelangioleschi è irresistibile. Nata dalle contingenze, poi fattasi volontà, la tecnica michelangiolesca del non-finito permette all’osservatore di entrare in uno spazio che generalmente gli è interdetto, quello dell’atto creativo. Gli occhi si insinuano tra le cavità della pietra e indugiano sui graffi della subbia, come se volessero loro stessi continuare a scavare, come se fosse possibile portare a termine la scultura e liberarla completamente della scorza di pietra che la attanaglia.
“Abbozzate con incredibile, e maraviglioso artifizio mostrano queste figure con ogni sforzo di voler uscir dal marmo per fuggir la rovina, che è loro di sopra…”
(F. Bocchi, 1591)
Michelangelo si interrompe e ci lascia di fronte ad Atlante, che con tutto se stesso regge la pietra che in parte lo avvolge ancora, e cerca di sostenerla, con tutto il peso che comporta, per non lasciarsi schiacciare. Per lui, artista glorioso, il suo lavoro fu come una missione liberatrice: la figura, imprigionata nel blocco di marmo, aveva bisogno dei suoi strumenti del mestiere per poter emergere, in tutta la sua maestosità e bellezza.

… portare il mondo in spalla.
In particolare il mito di Atlante, condannato a portare il mondo sulle spalle, potrebbe rivelarsi vicino a molti di noi. Costretti tra i mille impegni, affannati da una vita sempre da rincorrere, schiacciati da ferite nuove e vecchie. La schiena si piega sotto un tale peso, e tentare di fare i supereroi, dimostrare di essere forti o fare i duri… non porta che a tanta solitudine.
Lasciamo che sia Atlante a portare il mondo in spalla. A noi, invece, la bellissima e liberatoria consapevolezza che sarà il nostro Creatore a liberarci dalla pesante pietra in eccesso. La chiave? Fidarsi e lasciare che sia Lui, colpo dopo colpo, a darci la forma così come l’ha pensata per noi.
