TVdP #5 – Giovani di Parola
Nel giorno del centenario dalla nascita di san Giovanni Paolo II papa, le nostre comunità parrocchiali hanno ricevuto la possibilità di poter prendere nuovamente parte alla celebrazione delle celebrazioni di presenza, e poter così riaccendere la vita sacramentale e accogliere il dono grande, infinito, di Gesù vivo nell’Eucarestia. Un rendimento di grazie che in questi giorni si sta timidamente rinnovando per tutti, alla luce di quanto trascorso durante gli ultimi mesi.
Abbiamo vissuto tutti questo momento di assenza dall’Altare di Dio, che però ha donato l’occasione a ciascuno di riscoprirsi Altare e gustare nella preghiera casalinga, intima e personale (ma non per questo meno comunitaria con la Chiesa tutta), quell’elevazione al Padre, tutta tipica della consacrazione eucaristica, ma che meravigliosamente non ci è stato richiesto di interrompere durante la lotta con il virus invisibile.
Mi piace pensare allora che spinto da questa consapevolezza, papa Francesco abbia scelto di cominciare, durante le udienze generali del mercoledì, un nuovo ciclo di catechesi proprio sulla preghiera e sul suo mistero.
Come Diocesi, mentre restiamo ancora in un ascolto attento della Parola che ha accompagnato quest’anno pastorale, e che probabilmente si è amplificato durante la quarantena (accompagnato dai vari spunti santi online condivisi dalle chiese italiane), ci prepariamo con il cuore a quello che sarà il cammino che saremo chiamati a fare nell’anno della Preghiera. È chiaro che non ci si può rivolgere a qualcuno se prima non si è stati in grado di percepirlo mentre ci rivolgeva la sua parola (altrimenti si rischia di fare la figura del Ciclope di Ulisse e di parlare con… nessuno), e nella scorsa udienza di mercoledì 3 giugno, lo sguardo del Papa si è poggiato proprio sulla figura di Abramo.

“C’è una voce che risuona all’improvviso nella vita di Abramo.”
Poche parole nella catechesi di apertura che potrebbero essere snocciolate anche a livello di analisi grammaticale e logica e continuare a non bastare per lasciarsi travolgere dalla Verità che covano. Però appare fin da subito palese che il primo approccio nella storia di Abramo (e da lì, di tutto il Popolo di Dio) nei confronti di questo sconosciuto non è stato il suo personale, ma ha semplicemente conosciuto la presenza di qualcun Altro per solo desiderio di lasciarsi conoscere.
Il primo passo allora della preghiera che ci rivela Abramo, e meticolosamente messo ben evidenza da papa Francesco, è la fiducia che ha avuto nel fidarsi di quella voce ascoltata… e di cui magari ci siamo rimessi in ascolto anche noi, aiutati dalla lontananza da tutti quei rumori quotidiani che in questi giorni stanno ricominciando a riaffiorare nel tornare alle nostre abitudini quotidiane.
Quant’è difficile rivolgere la parola a qualcuno di cui non ci fidiamo, per paura di non essere capiti, di non essere nemmeno ascoltati o di essere feriti a partire da quella intimità consegnata gratuitamente all’altro. Anche con il Padre il rischio è quello di traslare i nostri trascorsi tra umani nella relazione con Lui.
Chissà se anche Abramo, prima di iniziare a fidarsi, non abbia avuto quel timore tipico di quando uno sconosciuto ci rivolge la parola.
In ogni caso, Abramo sembra proprio essere l’uomo che fa per noi, perché ci prende per mano e ci accompagna ad accogliere quella voce ascoltata, lui che è stato “l’uomo della Parola“.
Aggiunge inoltre Papa Francesco:
“questa è una grande novità nel cammino religioso dell’uomo: la vita del credente comincia a concepirsi come vocazione, cioè come chiamata, come luogo dove si realizza una promessa.“
Forse in quest’anno di cammino abbiamo percepito che c’è una promessa da parte Sua anche per noi, e con infinità bontà e pazienza ce la sta comunicando passo dopo passo, anche dentro casa.
Probabilmente lo squillo del telefono, o delle videochiamate di Zoom e Skype ci hanno accompagnato durante la quarantena, abbiamo allenato l’orecchio agli squilli in arrivo, ma quello di Dio li abbiamo sentiti?

Poi arriva la parte difficile, rispondere (sapendo chi è l’altro interlocutore, il Signore e non l’ennesimo call-center pubblicitario) e la preghiera è stata dunque il passo successivo fatto da Abramo “«che si esprime innanzitutto con azioni: uomo del silenzio, ad ogni tappa costruisce un altare al Signore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2570). Abramo non edifica un tempio, ma dissemina il cammino di pietre che ricordano il transito di Dio.”
La cosa straordinaria del rispondere nella preghiera è che non è necessario per forza dover dire sempre qualcosa… dover trovare parole o fatti per tenere accesa la conversazione. E allora che prego a fare? direte, per fare come Abramo e segnare nella propria storia, nella mia vita, il ricordo della Sua voce.
Gesù in fondo ci ha testimoniato, da Figlio, niente di più che questo: essere di Parola (lui che lo è veramente) e non temere ad aprire il proprio cuore nella preghiera rivolta verso il Padre, che ci è stato svelato come Nostro e ci ha già chiamati una volta per tutte alla vita: nascendo due volte, dal pancione e nel battesimo.
Un’estate allora da vivere ancora come Giovani di Parola e di call rinnovate con il Padre per mezzo dell’app gratuita nel cuore della preghiera.
Fonti consultate:
[1] Catechesi 1: il mistero della preghiera http://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2020/documents/papa-francesco_20200506_udienza-generale.html
[2] Catechesi 5: La preghiera di Abramo http://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2020/documents/papa-francesco_20200603_udienza-generale.html