Paradiso a colori #7 – La Cina negli occhi di San Giuseppe Freinademetz
Porto nel cuore la bellezza del paese in cui sono nato, tra le Dolomiti e le valli che brulicano di insetti negli immensi tappeti dāerba e di animali che pascolano, tra la gente semplice che al caldo del fuoco del camino prega e ricorda quanto amore Cristo ha riversato su di noi. Sono nato in Val Badia, in un piccolo paese sotto i piedi del Sasso della Croce, cosƬ si chiamava il luogo, dove da bambino e da giovane sacerdote mi recavo spesso per pregare intensamente, ero consapevole che per diventare santi bisognava meditare la passione di Cristo, il suo patire, il suo donarsi al mondo.
Ero il quarto di tredici fratelli, ero bravo nello studio, cosa rara tra quella gente semplice che viveva grazie alla forza delle proprie braccia. Iniziai i miei studi e presto entrai in seminario, dove capii in fretta qual era la mia vocazione: vivere per il Signore come missionario nella āSocietĆ del Verbo Divinoā; infatti, la Parola di Dio mi giunse fino al cuore insieme alla consapevolezza che āi bambini chiedevano il pane, e non cāera chi lo spezzasse per loroā. Ā Il seme era caduto in me, le parole di Geremia iniziavano a scavarmi lāanima e non potei vivere senza portarle a compimento, senza diventare colui che spezzava il pane per quei bambini. Ho sentito il bisogno profondo di vivere, in Cristo, nella parte del mondo dove di Lui non si sapeva nulla: la Cina.

Arrivato a Saikung pensavo di avere in mano ogni sorta di veritĆ , nessun cinese avrebbe resistito al fascino di Cristo, bastava cambiare il mio nome in Fu che significa Fortuna, cui aggiungere Shen cioĆØ sacerdote. Non fu cosƬ, il Signore voleva provarmi con il fuoco del suo amore, purificarmi e guarire il mio cuore con il balsamo dellāumiltĆ . La missione vera si compiva in me, imparai a conoscere Gesù, e quello che allāinizio mi sembrava uno sporco paese di pescatori, con quei cinesi che mi parevano inferiori rispetto a noi europei, che erano curiosi del mio aspetto ma che non avevano nessuna intenzione di accettare la mia religione, anzi che mi disprezzavano, divenne il campo nel quale il Regno di Dio si faceva presente anche per me. Cristo si elevò di fronte a me, su quella Croce, lƬ dove brilla più del sole il suo amore. E fu da quella Croce che Gesù māinsegnò che non esiste un amore più grande che amare i propri fratelli, lƬ dove sono, lƬ come sono, proprio come Pietro e Giuda, Giacomo e Bartolomeo, Matteo e Giovanni, cosƬ quei cinesi mi ricordavano la diversitĆ degli apostoli di Gesù e Lui māinsegnava a farmi vicino come amico, a parlare come loro, a guardare come loro.
Appresi i segreti della loro spiritualitĆ , la loro cultura, andai di villaggio in villaggio insieme a un catechista mezzo cieco e parlai di Gesù con tutta la mia vita. Insegnavo loro a pregare, dicevo loro di scegliere un giorno al mese per pregare e meditare la Parola di Dio perchĆ© quello sarebbe stato il giorno più bello e utile della vitaā¦e quelli sarebbero stati i giorni in cui lo Spirito Santo avrebbe parlato al cuore. Ora i cinesi non sono più persone da convertire ma da amare con tutto il cuore e per i quali sacrificarmi. Io ora sono per loro come padre e madre, la mia patria ĆØ il cuore di questi uomini, perchĆ© come Cristo ho donato la mia vita per amore del prossimo, nella mia Chiesa. Ora curo la gente povera colpita dal tifo e celebro lāeucarestia tra quei fedeli che si lasciavano coinvolgere e rapire da Cristo, non riesco a trattenere le lacrime e cosƬ la mia preghiera si trasforma in amore… Consideriamo la vita per ciò che essa ĆØ: una semina per l’eternitĆ !

San Giuseppe Freinademetz nasce a Oies nel 1852. Nel 1875 viene ordinato sacerdote, nel 1879 lascia per sempre la sua patria e diventa missionario in Cina. Giuseppe Freinademetz muore nel 1908 di tifo contratto curando i malati colpiti durante lāepidemia che colpƬ il Paese. San Giuseppe Freinademetz viene canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 2003.