Paradiso a colori #6 - La fuga di Bakhita - ilSuodiSegno

Paradiso a colori #6 – La fuga di Bakhita

Bakhita vuol dire fortunata. Nella vastità della mia terra l’Africa, il mio cuore si riempiva della bellezza di tutto ciò che mi circondava, alla mattina guardavo il sole che nasceva e alla sera quando tramontava, allora pensavo che se era bello, ancor più bello doveva essere colui che lo aveva fatto. E fortunata sono adesso che ho conosciuto Colui che stringeva forte la mia vita custodendola sempre, anche quando il dolore prendeva il sopravvento, anche quando tutto mi era stato tolto, Lui era in me, ed era la mia forza. Avevo una famiglia numerosa: la mia mamma e mio papà, che lavoravano i campi, tre fratelli e tre sorelle…

Fino a nove anni ho vissuto pienamente felice, ma un mattino, mentre passeggiavo tra i campi, due rapitori mi presero alle spalle e mi portarono via per sempre dalla mia famiglia. Ricordo il nodo alla gola, la paura che mi pietrificava, e il mio nuovo nome: «ti chiameremo ‘Bakhita’» avevano detto i rapitori «la fortunata». Stetti un mese rinchiusa in un ripostiglio pieno di arnesi e rottami, dormivo a terra e solo un piccolo foro in alto mi permetteva di vedere il cielo sognando la mia famiglia e i miei amici. Fui venduta a un mercante di schiavi, legata con una grossa catena a un’altra bambina. Viaggiavamo a piedi, senza nessuna speranza noi progettavamo la nostra fuga. Il buon Dio che vegliava su di noi, senza che lo conoscessimo, ce ne offrì l’occasione. Il padrone aveva dimenticato di legarci e un giorno fuggimmo di corsa in aperta campagna, il cuore ci martellava in petto, grosse gocce di sudore ci cadevano da ogni parte, ma correvamo fino allo sfinimento. Proprio quando pensavamo di essere arrivate vicino le nostre case, un uomo ci prese di nuovo e ci fece di nuovo schiave. Sono stata venduta più volte, schiava da un padrone e un altro, sempre maltrattata: quanto sono trattati male gli schiavi, quante percosse. La verga sul corpo ci lasciava cicatrici profonde, canali di dolore che solo un grande amore avrebbe potuto guarire. Dopo dieci anni di schiavitù fui venduta a un console italiano, fui davvero fortunata, perché il nuovo padrone era assai buono e mi voleva bene.

Quando sentii nominare l’Italia, chiesi e ottenni dal padrone di essere portata qui. Durante il viaggio fui regalata a un amico del console che mi prese come bambinaia per la propria figlioletta e in Italia, per stare vicino alla bambina, fui ammessa all’Istituto dei Catecumeni dalle Suore Canossiane. Ricevetti un grande dono: un crocefisso. Mi spiegarono che Gesù Cristo, Figlio di Dio, era morto per noi. Io non sapevo chi fosse, ma spinta da una forza misteriosa, lo nascosi perché avevo paura che me lo portassero via. Prima non avevo mai nascosto nulla, perché non ero attaccata a niente. Ricordo che nascostamente lo guardavo e sentivo una cosa in me che non sapevo spiegare, io vedevo l’amore. Le suore si presero cura di me, e quando il desiderio di farmi cristiana divenne bisogno, io chiesi di essere battezzata. Ricevetti un nuovo nome Giuseppina Margherita e Fortunata, ora ero pronta per vivere per Lui, diventare come lui sempre mi aveva voluto, una religiosa. “La verità vi farà liberi” e la verità è che Dio mi ha tanto amato da liberarmi dalla schiavitù per servirlo con tutta me stessa, senza catene, perché se l’uomo mi aveva legato, lui mi aveva sempre e da sempre resa libera. Nella mia preghiera costante io prego per tutti gli schiavi del mondo, vorrei volare per arrivare a tutti, per illuminarli nella fede, perché se gli africani sentissero parlare del Signore e dalla Madonna si convertirebbero tutti e sarebbero molto buoni. Ora so che nel dolore il Signore non mi aveva portato nel Calvario ma sul Tabor, lì dove la sua luce mi attraversava il cuore, lì dove Lui mi ha amato prima ancora che io lo conoscessi.

Giuseppina Bakhita nacque nel 1869 a Olgossa, nel Sudan del Sud. Ancora ragazza fu rapita e fata schiava e venduta più volte. Nel 1885 arrivò in Italia e abitò a Mirano (Venezia). Nel 1890 ricevette il battesimo e nel 1927 emise la professione perpetua dalle Suore Canossiane. Bakhita visse nella casa di Schio, dove ricoprì vari incarichi. Morì l’8 febbraio 1947. Fu proclamata santa il 1° ottobre 2000 da Giovanni Paolo II.

Autore: Giosy
Autrice di Paradiso a colori.
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