Paradiso a colori #1 - Una finestra di luce - ilSuodiSegno

Paradiso a colori #1 – Una finestra di luce

Ci vuole coraggio nella vita, ci vuole libertà per vivere, ci vuole uno sguardo che veda a colori anche quando il mondo gira in bianco e nero.

Sono nata nel 1891, in un giorno destinato a dare un senso alla storia, il senso di Dio. Il mio nome è Edith, sono la più piccola di undici fratelli, ebrea di Breslavia. Ho perso mio padre a due anni e mia madre Augusta ha dovuto provvedere a noi. Quando ero molto piccola, avevo una memoria di ferro e una sete di sapere che mi ha accompagnato per tutta la vita. Cercavo di osservare il mondo come se fossi una finestra che fa passare tutta la luce senza mostrare nulla di sé. Sono sempre stata una ragazza semplice, riservata ma accogliente e generosa con gli altri, proprio come ci aveva insegnato nostra madre; lei ci aveva spiegato che il peccato è l’essenza di quanto è odioso e indegno nell’essere umano. Ho imparato da lei che si deve essere agli occhi di tutti come si è agli occhi di Dio. Sono stata anche atea durante i miei studi universitari.  Presto Dio mi ha afferrato di nuovo, con una dolcezza e una tenerezza tale da trasformarmi. Mi ha fatto capire che la verità è al centro di me stessa, della mia anima, quel punto più intimo che è luogo della libertà, perché l’amore è quanto di più libero esista.

Mi trovavo nel duomo di Francoforte con i miei compagni universitari, in riverente silenzio, quando all’improvviso entrò una donna con la spesa e s’inginocchiò in un banco per una breve preghiera. Per me fu una novità. In questa chiesa qualcuno entrava nel mezzo delle incombenze quotidiane, per un colloquio intimo con Dio. Da quel momento la grazia di Dio iniziò a inondare la mia anima, mi sentivo travolta dall’amore, come se la verità che avevo sempre cercato ora fosse presente dentro di me e avesse la forza di staccarmi da tutte le cose terrene, di sprofondarmi in un amore che dava senso a tutte le cose. Così sentii forte l’attrazione verso il convento, fui battezzata e iniziai una nuova vita: adesso il mio nome era Suor Teresa Benedetta della Croce. Presto giunse il periodo della prova, Hitler aveva preso dei duri provvedimenti contro gli ebrei. Le cose andarono sempre peggio, in fondo la lotta contro gli ebrei era una lotta contro l’umanità di Cristo e avevo la consapevolezza che presto sarei stata chiamata a portare la croce di Cristo. Nel convento avevo imparato l’amore perfetto; se Dio è amore e se è in noi, non possiamo far altro che amare i fratelli. Per i cristiani non esistono estranei, è sempre ‘prossimo’ chi ci sta dinanzi e chi ha bisogno di noi, non importa che ci piaccia o no, che sia degno o meno. L’amore di Cristo non conosce limiti, non finisce mai, non indietreggia di fronte alla bruttezza e allo sporco, è per i peccatori e non per i giusti. E se l’amore di Cristo vive in noi, facciamo come lui e prendiamoci cura di nostro fratello. Il 6 agosto del 1942 sono stata prelevata dal convento insieme a mia sorella Rose dai nazisti. Mi sono occupata dei bambini e delle madri disperate, fino ad Auschwitz. Cercavo di portare la speranza di Cristo, di conservare gli occhi di Dio che illuminano i nostri fratelli e le nostre sorelle privati della loro dignità, con la consapevolezza che tutti avevamo il diritto di cittadinanza in cielo.

È nella Sua croce che ho accompagnato con amore l’umanità fuori dalle tenebre di quel campo.

Nel 1987, Suor Teresa Benedetta della Croce viene proclamata Beata, è canonizzata da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1998. Nel 1999 viene dichiarata, con S. Brigida di Svezia e S. Caterina da Siena, Compatrona dell’Europa.

Autore: Giosy
Autrice di Paradiso a colori.
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